Gli ingegneri del caos by Giuliano da Empoli

Gli ingegneri del caos by Giuliano da Empoli

autore:Giuliano da Empoli [Empoli, Giuliano da]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Marsilio
pubblicato: 2019-04-14T22:00:00+00:00


5.

La strana coppia a Budapest

L’11 gennaio del 2015 è una giornata rara. Una città, Parigi, e con lei la Francia intera, si risveglia dopo l’orrore dell’attentato alla redazione di «Charlie Hebdo». Il presidente François Hollande ha invitato quaranta capi di Stato e di governo di tutto il mondo a unirsi a lui in quella che sarà la più grande manifestazione che si sia vista per le strade di Parigi dalla liberazione nel 1944. Due milioni di persone sfilano lungo il boulevard intitolato a Voltaire, l’autore del Trattato sulla tolleranza. Il primo ministro inglese, la cancelliera tedesca, il presidente del Consiglio italiano si stringono nell’abbraccio commosso al loro collega francese. Sanno di essere precipitati, per la seconda volta dopo l’11 settembre del 2001, in una stagione molecolare, violenta, che presto li spazzerà via. Ma hanno scelto di entrarci uniti, facendosi forza dei valori di libertà e di apertura che hanno segnato la costruzione europea nei suoi momenti migliori.

Solo un uomo, tra i leader europei, si tiene un po’ in disparte. Eppure, non è certo un tipo timido. Anzi, il mondo si è accorto di lui proprio durante una manifestazione, quando nella primavera del 1989, a 26 anni, Viktor Orbán si è affacciato da un palco di piazza degli Eroi a Budapest per gridare la sete di libertà del suo popolo e pretendere il ritiro immediato delle truppe sovietiche dal territorio ungherese.

Oggi, però, Orbán si rifiuta di giocare il gioco. Lo «spirito dell’11 gennaio» lo lascia indifferente. Ciò che gli interessa, al contrario, è marcare una differenza. «L’immigrazione economica», dichiara a margine della manifestazione, «è una cattiva cosa per l’Europa, non bisognerebbe riconoscerle alcun merito, perché porta solo disordini e pericoli per i popoli europei […]. Fino a quando sarò primo ministro e il mio governo starà in piedi, non permetteremo all’Ungheria di diventare la destinazione di immigrati attraverso piani guidati da Bruxelles. Non vogliamo tra noi alcuna minoranza che abbia un retroterra culturale diverso dal nostro. Vogliamo mantenere l’Ungheria per gli ungheresi». Quando Orbán pronuncia queste parole a Parigi, l’immigrazione è ancora molto lontana dalle preoccupazioni degli ungheresi. I sondaggi dicono che non più del 3% degli elettori lo considera un tema prioritario. Da buon rabdomante, però, il primo ministro sa che lì sotto c’è un filone, basta solo saperlo sfruttare e lui sa come – e soprattutto con chi farlo.

A prima vista, Arthur Finkelstein è l’esatto contrario di Viktor Orbán. Tanto quest’ultimo è appariscente, sfacciato, tanto Finkelstein è riservato, ossessionato dalla privacy al punto che una volta la Cnn lo ha paragonato a Keyser Söze, «roba da Hollywood, un personaggio in grado di abbattere anche l’avversario più potente, ma così segreto che pochissimi l’hanno realmente visto». In quarant’anni di carriera ai massimi livelli, di lui esistono solo un paio di fotografie e pochissime interviste. Quando va in albergo si registra con uno pseudonimo e neppure la società di cui è proprietario porta il suo nome. Se Viktor rivendica le sue origini provinciali, lo stile rude e virile dell’ex calciatore che



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